Il libro, I grandi discorsi della Liberazione, si presenta non come un’opera storica, in senso proprio; tuttavia, la silloge di testi in esso raccolti fornisce un contributo storico, di rilievo, di alto valore, nell’ottica di offrire al lettore odierno – cioè, a noi che viviamo a distanza di 80 anni dagli eventi da cui sono scaturiti – un patrimonio di conoscenza, insieme all’auspicio di una maggiore consapevolezza. Un contributo di conoscenza storica, dunque. È questa, credo, la prima delle direttrici da cui trae ispirazione l’operazione editoriale, come opportunamente coglie e mette in luce Giorgio Benvenuto, che del libro firma l’Introduzione. Giorgio Benvenuto – politico e sindacalista di lungo corso – sottolinea tale direttrice di fondo, allacciandola alla memoria e alla figura di Giacomo Matteotti, del quale appena lo scorso anno è ricorso il centenario dell’assassino, avvenuto il 10 giugno 1924, ad opera dello squadrismo fascista.
Scrive Benvenuto: «Giacomo Matteotti, segretario generale del PSU dopo la scissione del 1921 e del 1922 utilizzava la conoscenza, il sapere. Assieme a Bruno Buozzi e a Filippo Turati sottolineava e ripeteva, senza mai stancarsi: “è vero e necessario resistere un minimo di più del padrone, ma è fondamentale conoscere un libro di più di lui”».
Ecco, sforzandoci di dare, idealmente, all’immagine evocata da tale auspicio un concreto compimento, possiamo pensare e considerare I grandi discorsi della Liberazione letteralmente come “un libro di più”, o, se preferiamo, “un libro in più”, nel novero di quelli forse fondamentali, certamente importanti, per illuminare il nostro tempo attuale.
E qui, credo, si leghi ed emerga la seconda direttrice di fondo che presiede alla finalità editoriale perseguita dal curatore, Francesco Florenzano, che ruota intorno al processo attivo della memoria, al suo valore, alla sua funzione pratica e attualizzante. Ricordare e riflettere sui fatti storici costituisce lo spunto per approfondire e ampliare lo sguardo, ci espone a considerare e interrogare il presente, che si manifesta spesso in un intreccio di aspetti e di riflessi in costante relazione con il passato.
Ciò avviene, in maniera particolare, quando si addotta, come in questo caso, la scelta di lasciare la conduzione del racconto storico alle testimonianze dirette dei protagonisti, dando corpo agli eventi attraverso i loro pensieri e le loro voci, da cui promana una carica di esemplare tensione morale. Sedici discorsi, undici protagonisti sono quelli che incontriamo in queste pagine. Sono alcuni dei leaders che hanno vissuto e orientato le sorti di una stagione tragica e decisiva della nostra storia nazionale: la cospirazione contro il regime fascista; la guerra di liberazione; il cammino di rinascita della democrazia e di ricostruzione del paese.
Di queste vicende, I grandi discorsi della Liberazione, distribuiti in un lasso di tempo ampio, compreso tra il 1925 e il 1960, tendono a ricostruirne ed evocarne il clima e il suo progressivo mutamento, con particolare efficacia, per via di un lavoro di accurata selezione. La loro lettura ci pone dinanzi alla costante compresenza di una duplice dinamica attiva nella riflessione dei protagonisti. Da un lato, il confronto drammatico con lo stato dei fatti e le condizioni reali: un dato su tutti può aiutare a comprendere: in appena venti mesi, dal settembre 1943 all’aprile 1945, 44.720 furono i partigiani caduti, 9.980 quelli uccisi per rappresaglia. Dall’altro, la responsabilità di doversi far carico, con crescente consapevolezza, dell’impegno di reindirizzare l’Italia su un terreno di «legalità democratica» (Saragat), in forza di «una frattura morale e politica del paese» (Nenni), di cui la Resistenza aveva espresso pieno valore e assunto manifesto significato.
È importante, in tal senso, ricondurre costantemente ciascuno dei discorsi alla cornice degli eventi da cui dipendono, tenendo a mente, almeno nei lineamenti essenziali, le coordinate del contesto storico di riferimento. A tal fine, giova servirsi, anche solo in maniera schematica, delle chiavi interpretative elaborate dallo storico Claudio Pavone, il quale sottolineava come la Resistenza sia stata, e in essa abbiano convissuto, a volte in maniera disarmonica, tre guerre: la guerra patriottica, la guerra civile e la guerra di classe. Da questa prospettiva, le medesime pagine qui contenute assumono il profilo di autentiche orazioni civili.
La loro lettura appare pertanto non solo un omaggio alla Resistenza, con l’utile finalità di ricavarne un contributo di conoscenza storica. Si rivela anche, e forse in maniera più stringente, un esercizio di memoria in relazione al nostro presente.
Lo scrittore e critico Tzvetan Todorov in un passo della prefazione al libro di Primo Levi, I sommersi e i salvati, scriveva: «La semplice memoria del male non è dunque sufficiente a prevenirne il ritorno; bisogna che il richiamo del male sia sempre accompagnato da un’interpretazione e da istruzioni per l’uso».
Questa raccolta di discorsi, a 80 anni dalla Liberazione, si offre così di accompagnarci, come una guida preziosa, istruzioni per l’uso, appunto, ma anche come uno strumento di interpretazione, per affinare e orientare il nostro giudizio e la nostra condotta alla luce di un passato, tragico e insieme esemplare, dove la morte e il sacrificio di migliaia di uomini e donne, giovani vite, sono valsi la nostra presente libertà.
Discorso tenuto in occasione della presentazione della raccolta I GRANDI DISCORSI DELLA LIBERAZIONE, pubblicato dalla EDUP.
Monteflavio (Roma), domenica 18 maggio 2025.